presentazione della curatrice Erica Olmetto
Gli artisti de La memoria dell’acqua
Dedicato alla Memoria dell’acqua, il lavoro di undici artisti intervenuti sul posto, a Sadali, nel corso della festa dell’arte, evidenzia la necessità del “ritorno alla natura”, il desiderio di integrazione dell’arte con la propria madre. Fonte di ispirazione e luogo incontaminato, Sadali ha offerto ancora una volta la possibilità di interagire coi suoi spazi, le antiche case cariche di contenuti storici e di vissuto quotidiano appartenente ad un mondo carico di speranza: “Gradevole, fresca acqua di fonte. Pensieri nostalgici del tempo in cui acqua ed esseri umani vivevano ancora l’uno accanto all’altro”, recita Masaru Emoto nel prologo de L’insegnamento dell’acqua, “I cristalli d’acqua hanno bagnato di rugiada i cuori degli uomini inariditi dalla civiltà moderna. Hanno anche rianimato coloro la cui scintilla di vita si era spenta…”. A questo pensiero di vita si ispira una delle installazioni più integrate nel luogo della memoria di Sadali, l’opera di Fabrizio Da Prà, una preghiera adagiata all’interno di una stalla, accanto ai frammenti di alberi secolari, illuminata da preziosi cristalli d’acqua. L’acqua, bene esistenziale, fonte di vita e di nascita, è capace di scatenare le guerre ed è ancora oggi, motivo di discordia tra gli uomini che danno luogo, in suo nome, a lotte fratricide. A questo concetto s’ispira il complesso lavoro di Askosarte (Michele Mereu e Chiara Schirru) diviso in due parti: l’ Ultima goccia, un’affascinante installazione caratterizzata dalla presenza di antichi rubinetti in legno, che trae spunto dal pensiero di Mark Twain e la ricostruzione della città bianca. La seconda parte consiste in un video dedicato al rituale della medicina contro il malocchio, ancora diffuso in molte parti della Sardegna, che ha come oggetto di preghiera l’acqua. Intensi e cadenzati i movimenti della mano che dietro il bicchiere stringe la catena dei grani del rosario, lo strumento della preghiera, e l’acqua che riempie il bicchiere deformando le immagini del rito ancestrale. I rosari sono anche protagonisti dell’opera con cui Gemma Tardini ha allestito una delle più antiche case di Sadali, dedicandola alle Anime salve, un tema di profondo significato religioso sui cui l’artista ha concentrato da tempo una particolare attenzione. Le anime degli innocenti, delle donne e dei bambini, i cui corpi a causa degli attentati vengono straziati e dilaniati dalle esplosioni, fluttuano nell’aria leggeri, come dei pezzi di stoffa lacerati e privi di vita, ma nella loro esperienza conservano la salvezza della propria anima sacrificata. Di interessante effetto scenografico, le opere dedicate alla simulazione di una cascata d’acqua. Poetica e iridescente l’installazione video di Paola Porcedda perfettamente inserita nel contesto ambientale del luogo, ha ricreato, attraverso la proiezione sulla lunetta di una parete all’interno di uno scantinato buio e angusto, un sito nei pressi delle grotte di Is Janas denominato Su stampu de su Turnu, simulando la discesa dell’acqua in un’ampia piscina circondata da rocce sotterranee. Concettualmente simile ma diversa per la scelta del linguaggio e dello stile, l’opera di Annalisa Achenza, anch’essa ispirata alla acqua della cascata ma interessata dall’aspetto onomatopeico del fenomeno. Allestita in una stanza all’ultimo piano di un’antichissima palazzina di Sadali, l’installazione, costruita con sottili fogli di tessuto colorati, dipinti e modellati finemente, consiste nell’aver ricreato il dinamismo aereo dei flutti schiumosi e il rumore frastornante dell’acqua. Statuario e vibrante il lavoro di Marilena Pitturru interamente dedicato alla donna con l’esposizione di due pezzi appartenenti alle più recenti fasi della sua sperimentazione sulla materia e sul concetto di violazione femminile. Particolarmente affine alla tematica della rassegna, l’opera incentrata sul simbolo della dea madre dell’acqua, monolitica e sensuale nel suo aspetto primordiale, sprigiona dalla rete metallica che la circonda tutta la sua fertilità. Dedicato all’immagine della donna e all’importanza dell’acqua come specchio di beltà è l’autoritratto fotografico di Chiara Demelio, Narcisa, opera dalla sapiente costruzione scenografica e dall’ingegnosa simulazione ottica. L’immagine dell’artista riflessa nell’acqua e capovolta, diventa protagonista di un paesaggio che accentua, in maniera surreale, le dimensioni del suo corpo a vista d’occhio, schiacciando con forza la sua stessa immagine che sembra soccombere sotto il peso sovrastante. Nel tentativo di riprodurre l’acqua che scorre e i suoi intensi cromatismi azzurri, Sonia Floris dipinge due tavole adagiate all’interno di una piccola grotta e realizza in una performance ai piedi della cascata, la mimesi di una donna nella natura circostante.
Simile a un elfo dei boschi, con il capo cinto da foglie e racemi simili a quelle dell’uva, la jana viene interamente dipinta dall’artista coi colori dell’acqua, del cielo e della terra, muovendosi al ritmo dell’acqua che scende precipitosa e cadenzata dall’alto. Scivola dal tetto e dalle grondaie, come liquame bianco, il fluido vitale, l’acqua che nutre, il latte che da la vita e la conserva. Mi sono nutrita è il titolo dell’opera di Monica Lugas che, nelle pareti imbiancate di un’antica latteria inserisce decine di candidi seni e mammelle animali come se nascessero in quel momento per dare vita e nutrimento. Sempre alla memoria dell’acqua è dedicata la serie di acquarelli di Italo Medda lavori di perfetta esecuzione tecnica, ispirati all’importanza dell’acqua e ai flutti del mare che lambiscono la nostra terra. Allestiti in un ampio spazio di un’antica casa ristrutturata, sono appesi alle pareti come fossero mappe sulla quale l’artista ha tracciato la rotta delle navi, le navicelle di un’antica civiltà che ancora oggi, sia all’interno che nelle coste, conserva l’identità di un’isola.
Erica Olmetto